martedì 2 dicembre 2014

Il linguaggio del corpo, una lettura al di là delle parole

Marco chiede a Roberta: "Come va?"
Lei risponde: "Alla grande!" ma contemporaneamente si sfrega la base del naso con un dito.

Chiedi a tuo figlio se ha fatto i compiti e lui, rispondendo "sì" fa un piccolo passo indietro.

Il tuo amico dice: "Con quella donna non ci uscirei nemmeno su un'isola deserta", e appena dopo aver pronunciato quelle parole si passa la lingua sulle labbra.

La tua collega alla macchina del caffè ti sta raccontando le sue vacanze e ti dice di aver incontrato un uomo molto interessante, del quale la intrigano soprattutto la cultura e la sensibilità. Peccato che nel dirlo si gratti un attimo all'interno dell'orecchio.

Cosa significano questi gesti?


Il linguaggio del corpo è un argomento molto vasto, con più scuole di pensiero e svariate letture, alcune valide, altre meno, se rapportate al grado di utilità che riescono a raggiungere.

Nella nostra esperienza e nel nostro peregrinare in anni di formazione, proprio grazie alla possibilità di paragonare tra loro le varie scuole, avendole studiate, abbiamo scelto di approfondire e divulgare la "Comunicazione Analogica Non Verbale", quale modalità in assoluto più veloce ed immediata nel suo utilizzo.

Questo articolo vuole essere un tributo al Dott. Stefano Benemeglio, scopritore della Psicologia Analogica e al Dott. Andrea Cirelli, psicologo e ricercatore dedito alla materia da più di venticinque anni.

Innanzitutto diciamo che noi preferiamo chiamarla FILOSOFIA ANALOGICA, intesa come complesso di idee, di principi che possono ispirare le scelte e la linea di condotta di persone o gruppi. 

Perché "analogica"? 


Perché permette letture "per analogia", ovvero traduce, ad esempio, un gesto della persona come una dichiarazione emotiva ben precisa. L'inconscio non può esprimersi a parole, ma lo fa, appunto per analogia, tramite gesti, autocontatti, spostamenti del corpo nello spazio e toni della voce.
L'essere umano, attraverso questo linguaggio, nato insieme a lui 250.000 anni fa, racconta al mondo ciò che sta avvenendo nella sua sfera intima, che è terreno delle emozioni.

Si tratta di un sistema NON VERBALE che sopravvive ancora oggi, dentro ognuno di noi, ma che non siamo più abituati a leggere e a codificare, dal momento in cui l'Uomo ha inventato la parola.
Con l'uso del linguaggio verbale, l'umanità si è spostata a livello comunicativo su un piano logico, razionale.
Via via che la cultura aumentava, ci siamo lasciati alle spalle l'unico tipo di linguaggio globale, nel senso che ci siamo disabituati ad usarlo.

Com'è possibile che ci arroghiamo il diritto di appendere etichette sul prossimo (OK/NON-OK, simpatico/antipatico, affidabile/inaffidabile, ecc), proprio nelle primissime fasi di un approccio?
C'è chi di primo acchito ci appare confortevole, ovvero non mette in pericolo la nostra zona di comfort, quindi è OK, e chi invece ci fa provare tensione, diventando subito NON-OK.

Mettiamo etichette in relazione a una serie di fattori, che vanno dai feromoni all'equilibrio estetico, ma soprattutto dipendono da come l'altro usa il suo corpo davanti a noi, dai suoi gesti, dal suo essere vicino o lontano da noi nello spazio, dalla sua voce, da come ci dà la mano per presentarsi, da come ci guarda, ecc.

Questo etichettare ci espone a un grosso rischio, quello della cosiddetta "profezia che si autorealizza".

Se in una prima fase di approccio, a livello istintivo (ma senza conoscere alcunché della persona), optiamo per il NON-OK, saremo spinti da un principio di coerenza interna a vedere solamente ciò che potrà confermare la nostra prima impressione.

Questo ci farà inevitabilmente chiudere: sul piano non verbale assumeremo inconsapevolmente delle posizioni rigide, di difesa, di distacco e distanza che, ancora inevitabilmente, verranno percepite dall'altro, il quale inizierà a fare altrettanto con il suo corpo, confermando in noi una sensazione di distacco... ed ecco che la profezia si è realizzata!
In men che non si dica e grazie a un circolo vizioso, abbiamo reso vero e reale il famoso aforisma di Oscar Wilde che recita:

"Non c'è mai una seconda occasione per lasciare una buona prima impressione." 

Sarà ben difficile andar d'accordo con quella persona, che magari con il nostro migliore amico lega tranquillamente.

Come comunica l'essere umano, secondo la scienza?


Albert Mehrabian
Nel 1971, Albert Mehrabian, l’antropologo armeno studioso di psicologia sociale alla University of Los Angeles (UCLA), elaborò, dopo anni di ricerche e sperimentazioni cliniche, un modello ritenuto valido ancora oggi:

CON LA PAROLA esprime CONTENUTI INFORMATIVI e ciò che viene detto arriva per un misero 7% al ricevente.

Esprime CONTENUTI RELAZIONALI ED EMOTIVI per il restante 93% CON I 4 CANALI NON VERBALI:
  • CINESICO (gestualità)
  • PROSSEMICO (gestione dello spazio)
  • DIGITALE (toccamenti, autocontatti)
  • PARAVERBALE (toni vocali, timbri vocali, suoni strumentali, pause, ritmo del parlato)

Cosa avviene, dunque, durante una conversazione?


Come evidenziato negli esempi all'inizio dell'articolo, spesso leggendo il linguaggio del corpo ci si rende conto di alcune incongruenze tra la parte logica e la parte emozionale del soggetto, ovvero questi dichiara qualcosa con le parole, ma esprime l'esatto contrario con il corpo. 

Queste incongruenze possono svelare una menzogna deliberata da parte del soggetto, ma il più delle volte si riferiscono ad autoinganni, ovvero al volersi convincere razionalmente che una cosa è giusta o sbagliata, andando contro a ciò che invece la parte emotiva giudica in modo esattamente contrario.

Quell'amico che vi tesse le lodi della suocera, elevandola a santa per come è presente e disponibile con i nipotini, dal momento che permette a lui e alla moglie di ritagliarsi degli spazi intimi, ma mentre ne parla si toglie alcuni pelucchi dalla manica della camicia, inizia a raschiare più volte la gola, o si sfrega la nuca, sta dicendo, in verità, tutt'altro. 

Questa non è una menzogna dolosa, ovvero fatta con l'intento di ottenere dall'altro dei vantaggi. Questo è mentire a se stessi in primis: è un autoinganno. Ed è solo uno stupido esempio di come tutti noi a volte siamo incongruenti tra ciò che diciamo agli altri e ciò che crediamo nell'intimo.

Quel cliente che rimanda la decisione di acquisto, adducendo come scusa il fatto che debba confrontarsi con altre persone prima di scegliere, potrebbe essersi grattato il dorso della mano durante la sua spiegazione, dandoci un'informazione chiara con un semplice gesto: sono le difficoltà economiche a vincolare la scelta in questo preciso momento, non altre persone con cui confrontarsi.

In questo caso siamo di fronte a una menzogna, ovvero una deliberata dichiarazione non congrua con la verità, che invece viene espressa in quei due secondi di prurito alla mano. A nostro avviso si tratta di una menzogna non dolosa: il soggetto si sta proteggendo, non sta cercando vantaggi.

Potremmo scrivere pagine e pagine di esempi simili a quelli appena fatti, e siamo certi che su alcuni di loro qualcuno potrebbe identificarsi.

Capire queste sfumature profonde, saper leggere al di là delle parole ascoltate, saper riprendere quell'antico linguaggio che il nostro corpo esprime in ogni dialogo, significa avere in mano le chiavi per la comunicazione empatica, ovvero essere in grado di coinvolgere emotivamente qualsiasi interlocutore, sia egli un parente, un amante o un cliente.

Quando l'altro si sente "capito" nell'intimo, quando si accorge che stiamo provando insieme a lui la sua stessa emozione, automaticamente avverte una certa sicurezza stando con noi, e questo ci fa acquisire un notevole potenziale di seduzione (nel senso latino del termine, ove per seducere la traduzione è condurre a sé).

Concludiamo invitandovi ad approfondire questo argomento, o qualche altra disciplina che prenda in esame, in maniera scientifica, il linguaggio non verbale dell'essere umano. 

Vi invitiamo a provare, a sperimentare nella vita di tutti i giorni, sia al lavoro che in famiglia, la valenza di quanto sopra.

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