mercoledì 6 gennaio 2016

Autostima, sicurezza di sé e... maschere


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A mio avviso esiste una certa confusione tra i concetti di autostima e sicurezza di sé. Spesso tendiamo ad assimilarli allo stesso significato, ma presentano due caratteristiche inconsce ben distinte.

La sicurezza di sé è il grado di efficacia che una persona ritiene di poter raggiungere in una particolare situazione o cimentandosi in una precisa sfera di competenza.

L'autostima, invece, è il canone di misura di quanto una persona piace a se stessa, o si ritiene degna di ricevere e godere le cose belle della vita.

Fonzie, il figo di Happy Days, sembrava avere entrambe queste doti, se così posso chiamarle, eppure quando doveva chiedere scusa a qualcuno, ammettendo di aver sbagliato, non riusciva nemmeno a pronunciare la parola. Forse non era poi così sicuro di sé.

Un essere umano può sentirsi, nel complesso, soddisfatto di sé, quindi avere un buon grado di autostima, tuttavia non percepirsi sicuro in determinate circostanze, e viceversa.

Ecco un video in lingua originale, in cui si vede Fonzie che deve ammettere davanti a Ralph di avere sbagliato:


Un altro esempio, che dopo quello di Fonzie confermerà la mia giovane età, ma che voglio proporre come tributo a un personaggio che da bambino amavo tantissimo, è quello di Alighiero Noschese. Era un tipo molto sicuro di sé davanti alle telecamere e per un ventennio fece sbellicare dalle risate gli italiani con le sue imitazioni di personaggi famosi. Era talmente sicuro della sua efficacia che in moltissimi sketch improvvisava dei "fuori copione", tuttavia non si piaceva come uomo, al punto di arrivare al suicidio all'età di 47 anni, dopo circa un mese di degenza in una clinica romana per curare la sua forte depressione.

L'autostima può essere un moltiplicatore della sicurezza di sé: più l'individuo ne è "portatore" più si sentirà e si mostrerà agli altri sicuro di sé in una situazione non familiare.
Il contrario, invece, è meno facile che si verifichi.


Quando i conti non tornano?


Mentre sarebbe sciocco - e perfino inutile - fingere di avere auto-stima quando questa non ci appartiene, poiché la cosa si trasformerebbe in un vacuo auto-inganno, capita spesso che cerchiamo di ingannare gli altri sulla nostra sicurezza.

Nel gioco del poker questo avviene normalmente, anzi, è una pratica della quale più si ha la padronanza e migliori saranno le possibilità di vincere la mano.
Si chiama bluff ed avviene quando un giocatore vuole dare una falsa impressione di forza (carte buone) a fronte di una situazione di reale debolezza (carte terribili), o viceversa.

Si può essere maestri nell'arte del bluff, sempre che davanti a noi non ci sia qualcuno che è in grado di leggere... il nostro corpo.
Non è un caso che i grandi campioni del poker giochino con occhiali da sole e cerchino di muoversi il meno possibile durante una partita.

Il corpo non mente.


Può capitare in molte situazioni di avere davanti una persona che ostenta sicurezza quando, invece, dentro di sé sta vacillando.

Lo fa un candidato davanti al selezionatore; un cliente che vuole un trattamento di favore, minacciandovi di lasciarvi anche se non può fare a meno della vostra azienda; un collega che vuole essere gratificato su competenze non sue e cerca di scavalcarvi; l'imputato colpevole interrogato dal P.M....e pure vostro figlio, quando scoprite che non era in biblioteca a studiare ma in giro con gli amici.

Premetto che, a livello di comportamenti e di "verbale", quando un soggetto mostra una certa spavalderia, sia durante una partita a poker, sia negoziando l'acquisizione di un'azienda, è molto probabile che stia fingendo di essere sicuro di sé
In buona sostanza cerca di dare un'impressione contraria a come si percepisce lui stesso intimamente.

Del linguaggio del corpo ho già parlato in un mio precedente articolo su questo blog (vedi), quindi oggi vorrei parlare degli atteggiamenti e degli occhi.

La persona davvero sicura di sé non ha alcun bisogno di sbandierarlo al mondo.
Chi sta simulando, al contrario, compie dei gesti che solo in apparenza sono coerenti con l'atteggiamento di tranquillità, ma se stiamo attenti ci accorgiamo che questi gesti non sono naturali, vanno oltre la spontaneità tipica di chi è davvero sicuro.

Si chiama sovracompensazione questa innaturalezza e si verifica quando l'individuo mostra atteggiamenti legati alla riflessione anche compiendo gesti normalissimi, che dovrebbero apparire fluidi, ma in realtà appaiono studiati.

Chi durante un colloquio ha sete, ad esempio, prende il bicchiere pieno d'acqua e se lo porta alla bocca senza quasi farci caso... se è in una situazione in cui si trova a suo agio.
Al contrario, chi è in sovracompensazione segue con gli occhi tutto il tragitto della mano e del bicchiere fino all'atto del bere, come se volesse accertarsi di eseguire il gesto con cura.

Al di là della sovracompensazione, è bene fare attenzione a una cosa molto semplice, che anche la saggezza popolare conosce benissimo: uno scarso o assente contatto visivo è spesso indice di menzogna o di... mezza verità.

La persona che non è sicura di sé ma vuole apparire tale (o quella che vi sta mentendo) cercherà in ogni modo di evitare i vostri occhi, per un semplice motivo: il suo inconscio teme che possiate leggerle dentro.
Chi dice la verità, o chi è ingiustamente accusato, al contrario, non ha alcun problema a sostenere lo sguardo, a mantenerlo fisso, come per inchiodare il suo accusatore.

Concludo ringraziandovi per l'attenzione e proponendovi uno spunto di Frank Crane:

Puoi essere ingannato, se ti fidi troppo,
ma vivrai nel tormento se non ti fidi abbastanza.

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