venerdì 22 gennaio 2016

Matrimoni a tempo determinato

Ci sono vari aspetti da considerare osservando una coppia che scoppia. Sono infinite le cause di contrasto che portano alla chiusura di un rapporto: dal tradimento di intesa al tradimento fisico, dall'incomprensione reiterata alla noia della mancanza di misteri, dai troppi misteri alla gelosia, dalla mancanza di stima e considerazione ai dubbi ossessivi sull'altro, da come educare i figli alla scelta degli sport adatti a loro, da suocere opprimenti a suocere menefreghiste (sembra che esista sempre "un buon motivo" su cui costruire un fastidio nei loro confronti) e potrei continuare la lista per pagine e pagine.

Ma partiamo da alcuni dati statistici.
Una recente rilevazione ISTAT (Matrimoni, separazioni e divorzi), pubblicata il 12 novembre 2015 e riferita all'anno 2014, tra i vari dati fa emergere:

Per quanto riguarda l'instabilità coniugale, i dati del 2013 e del 2014 rivelano che è in atto una fase di "assestamento". Nel 2014 le separazioni sono state 89.303 e i divorzi 52.335. In media ci si separa dopo 16 anni di matrimonio, ma i matrimoni più recenti durano sempre meno. 

Le unioni interrotte da una separazione, dopo 10 anni di matrimonio, sono quasi raddoppiate passando dal 4,5% dei matrimoni celebrati nel 1985 all’11% osservato per le nozze del 2005.


La statistica prende in esame unicamente le procedure di separazione e di divorzio, non tiene conto delle coppie distrutte che vivono malesseri reiterati e quotidiani, e tuttavia si ostinano a stare insieme.

Quante coppie legalmente ancora unite esistono, che nella pratica vedono i partner comportarsi da perfetti sconosciuti o addirittura da nemici nelle mura domestiche? Si tratta di coppie che non fanno numero in ISTAT, che non sono misurabili con dati certi ma, secondo la mia esperienza di coach, sono davvero tante.

Cosa accade? Cosa fa cambiare così tanto quella realtà iniziale di affinità elettiva, di comprensione ed empatia, di innamoramento, di attrazione fisica, in un'altra realtà così differente?

Scriveva Marcel Proust:
L'amore: il più sublime degli autoinganni, ci innamoriamo di quello che noi “vediamo” nell'altro. 
Non voglio dilungarmi su questo concetto, spiegato così bene dall'aforisma appena citato e analizzato più volte in maniera approfondita da Giorgio Nardone, padre della Psicologia Strategica italiana (ad esempio in uno degli ultimi suoi libri: L'arte di mentire a se stessi e agli altri, Ed. Ponte delle Grazie, 2014).

Proverò a raccontarvi qualcosa, invece, della comunicazione non verbale nella coppia, degli atteggiamenti, del linguaggio del corpo degli innamorati, di come cambia nel tempo, col passare del coinvolgimento, e di quanta influenza abbia tutto questo nella relazione tra due persone... che si sono promesse l'amore eterno.

Diamo per scontato che i contrasti sono normali in ogni aspetto della vita insieme, dal dove appendere la lampada del bagno a quale impianto stereo comperare per la sala, dalla scelta per le vacanze estive alla gestione delle suocere e dei vari parenti.

Quindi è inevitabile trovarsi in disaccordo su parecchie questioni ma, volendo, si può evitare di far degenerare questi normali contrasti a livello di conflitti.

I primi disaccordi di una coppia, quando l'aura è ancora quella dell'innamoramento, restano sul piano dei contenuti, e questo è sano, è funzionale.
Esempio:
Lui entrando in casa: "Amore, mi sono scordato di fermarmi ad acquistare il latte per il piccolo."
Lei: "Oh cavolo, come possiamo fare ora?"
Lui: "Provo a chiedere alla vicina se ne ha un po', poi domani glielo rendiamo, che dici?"
Lei: "Ok, prova, speriamo che ne abbia. Altrimenti vedremo cosa fare."

Una situazione di questo tipo, dopo qualche anno di convivenza può trasformarsi così:
Lui: "Mi sono dimenticato di fermarmi a prendere il latte."
Lei lo guarda aggrottando la fronte, alzando leggermente l'angolo superiore della bocca, e non dice nulla.
Lui: "Ho avuto un casino tutto il giorno, mi sono dimenticato, non mi sembra il caso di incazzarsi adesso."
Lei: "Certo, ovvio. Come sempre i casini li hai solo tu? Sei il solito menefreghista. Non posso mai contare su di te." 
Lui: "Bella questa, sei brava solo a criticarmi quando sbaglio qualcosa, è sempre così: critiche su critiche e non vedi mai quello che faccio. Solo il negativo!"
Immaginatevi come può procedere una discussione che, anziché restare sul piano dei contenuti, entra in quello personale, criticando non il comportamento nello specifico ma la persona nella sua integrità.
Ecco che non si parla più del latte, ma si inizia a mettere in discussione la personalità dell'altro.
Risultato?
Il piccolo salterà probabilmente il pasto, la dirimpettaia non potrà offrire il suo litro di latte (che una buona vicina tiene sempre nel frigorifero), lui dormirà sul divano, lei piangerà, il bambino pure. Bingo.

Discussioni come queste aprono un circolo vizioso: come sarà la prossima secondo voi? E quella successiva alla prossima?

Il terapeuta di coppia John Gottman, insieme al collega Robert Levenson, ha studiato gli influssi di determinati gesti e comportamenti in un rapporto di coppia, arrivando a individuare alcuni modelli relazionali che portano alla separazione entro pochi mesi o anni.

I due ricercatori li hanno nominati "Horsemen of the Apocalypse" (i cavalieri dell'Apocalisse) e sono:
  • CRITICA: "tu fai sempre...", "tu non fai mai...", "sei capace solo di...", sono giudizi negativi sulla personalità del partner.
  • DIFESA-RIFIUTO: "Quello che mi dici potrei dirlo anch'io a te."
  • MURO DEL SILENZIO: "Non ho niente", "Va bene così", "Lasciamo stare", oppure bronci, musi lunghi, congiure del silenzio, rafforzano il boicottaggio della coppia.
  • DISGUSTO SPREZZANTE: risate ciniche, gonfiare le guanche, alzare gli occhi al cielo, sollevare un angolo della bocca, arricciare il naso, fare un gesto sprezzante con la mano, sono ritenuti il cavaliere peggiore, seppur restano nel canale non verbale.
  • PROVOCAZIONE E DIMOSTRAZIONE DI FORZA: uno o entrambi i partner si gonfiano, cercano di occupare più spazio, fanno gesti esagerati (prendere a pugni un armadio ad esempio, lanciare oggetti), pronunciano (o pensano) frasi come "Continua pure così, vedrai cosa succederà!"
Aggiungerei un sesto cavaliere:
  • RASSEGNAZIONE-OSTRUZIONISMO: quando uno dei due partner smette di arrabbiarsi su ciò che prima lo infuriava.
Quando queste dinamiche si protraggono, infatti, comincia a sembrare inutile parlarne e i due partner cercano di mitigare la propria sofferenza in maniera indipendente. Ecco l'inizio di vite parallele, di isolamenti massacranti che fanno sentire l'individuo solo, anche se ancora all'interno di un matrimonio, sotto lo stesso tetto, dentro lo stesso letto.

Sono convinto che in qualsiasi contrasto, in ogni discussione che prenda vita da punti di vista differenti, sia più adulto usare il pronome IO al posto di TU.
Meglio descrivere le nostre sensazioni, anziché gettare etichette generalizzanti sull'altro. Meglio evitare pennellate velenose tramite formule come solo, mai, sempre, ogni volta, ecc.

Sicuramente è meno attaccabile la formula "Quando succedono queste cose io mi sento così...", piuttosto che "Tu fai sempre così..., Tu sei sempre così..., Tu non fai mai..., Tu non sei mai..., Tu sai fare/dire solo..., ecc."


Anche l'aspetto non verbale della discussione è fondamentale: la sua qualità crea reazioni precise nell'inconscio dell'interlocutore.
Atteggiamenti silenti di chiusura, di aggressività, di rifiuto, potrebbero attivare nell'altro i neuroni specchio e dare vita a un'escalation simmetrica, a una prova di forze attive o passive, che porta alla degenerazione del rapporto.

Per concludere, credo fortemente che stare insieme a lungo richieda impegno, che si debba almeno provare a lasciare il proprio Ego sul comodino, che sia utile sforzarsi di comportarsi da adulti, evitando atteggiamenti infantili o genitoriali.
Tuttavia, se l'amore non c'è più, non c'è comportamento adulto che tenga.

 "L'uomo è di fuoco, la donna di stoppa, il diavolo arriva e soffia."
 S. M. Cervantes


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